L’esperienza delle Stinche

LE STINCHE
Una piccola chiesa, il rustico e l’orto…

di Massimo Orlandi

«Dimmi quello che vuoi e io te lo darò» chiede il Signore a Re Salomone. «Signore dammi un cuore intelligente». Panzano, Chianti fiorentino. La geometria dei filari è più in basso. Qui la natura si ripara, cerca intimità. Anche la strada dimentica l’asfalto, si acciottola, si stringe. L’eremo delle Stinche le nasce quasi accanto, spontaneamente, come un fiore non colto. Una piccola chiesa, il rustico, l’orto, l’abbraccio del bosco, gli ulivi. Poche cose che se stringi le tieni in una mano. Ma è in questa essenzialità che si può provare a cercare il mistero profondo della vita. Questo almeno pensava un frate che alla domanda di Dio, avrebbe risposto come Salomone: padre Giovanni Vannucci.

«Una sosta di pace per ogni viandante»
«In questo piccolo spazio vorrei che ogni uomo si sentisse a casa sua e, libero da costrizioni, potesse raggiungere la conoscenza di se stesso e incamminarsi nella sua strada forte e fiducioso. Vorrei che fosse una sosta di pace, di riflessione per ogni viandante che vi giunge, un posto dove l’ideale diventa realtà e dove la gioia è il frutto spontaneo».

1967. Il sogno comunitario di Padre Giovanni è figlio di poche parole e di nessuna regola. Per realizzarlo basta un rustico diroccato: «Il seme – scrive ancora – è gettato, ora è tutto nelle nostre fragili mani e in quelle più sicure di Dio».

Padre Giovanni accompagnerà il cammino della sua Fraternità fino al 1984. Oggi quel sogno è nelle mani di altri tre frati dell’Ordine dei Servi di Maria, Lorenzo, Eliseo e Giancarlo. Ma Vannucci è sempre con loro, e non è difficile immaginarlo ancora, come lo descrive David Turoldo «con quella faccia mesta e serena insieme, con la voce sempre trattenuta, velata quasi avesse paura a parlare, paura di disturbare il silenzio, il mistero». Non è difficile vederlo, gli occhiali calati a leggere l’ennesimo libro (la biblioteca dell’eremo conta dodicimila volumi), o in cucina, tra le sue zuppe innaffiate di buon vino, o immerso in preghiera. «Per lui – ricorda padre Lorenzo Bonomi, che ha accompagnato il cammino delle Stinche sin dai suoi inizi – ogni momento della vita conteneva qualcosa di sacro, era un occasione di comunione con il visibile e l’Invisibile, e quindi ogni azione doveva essere fatta con amore e con rispetto, mai in maniera banale».

«Dio è avvolto nel silenzio»
Ascolto. È questa la parola chiave per entrare nel mondo semplice delle Stinche. Ascolto dell’uomo, «per cercare la Parola di Dio esistente in ogni essere», ascolto della natura, per percepire i ritmi dell’universo, ascolto del silenzio, perché «Dio è avvolto nel silenzio». Ascolto profondo e ininterrotto: «Quello che mi colpiva di Padre Giovanni – ricorda Lorenzo – era il bisogno costante di approfondire, di non fermarsi. Non accettava mai di adagiarsi, si ribellava di fronte a ciò che trovava apatico, senz’anima. «La realtà della vita del chicco di grano è il domani, è la spiga – diceva – così la nostra realtà di uomini non è l’oggi, è il domani. Se abbiamo fede siamo aperti verso la sconfinata realtà del domani».

Ascolto. Ma anche ricerca, costante e paziente dei segni lasciato dallo Spirito. Per padre Giovanni la ricerca spirituale consisteva nel tenere insieme unire il cuore e la conoscenza, la passione e la ragione, era nel creare quello che Dante chiama «l’intelletto d’amore». Una religiosità basata solo sull’emotività, sul sentimento, sosteneva, è povera e può portare a forme religiose entusiastiche e anche fanatiche. D’altra parte una spiritualità solo razionale può condurci a una idea di Dio troppo rigida, e quindi arida. Ecco perché, per lui, il più grande dono di Dio è quello che chiede Re Salomone: un cuore intelligente.

La preghiera universale
Pellegrino dell’assoluto, così si definiva, Vannucci aveva a fondamento di tutto il suo cammino la figura di Gesù, e la Bibbia, ma teneva sempre aperto il suo orizzonte all’incontro con tutte le tradizioni religiose (parlava di «mutua impollinazione» fra Occidente e Oriente). Non a caso dall’esperienza delle Stinche nascerà il Libro della preghiera universale, nel quale per la prima volta, l’intero mondo religioso si ritrova: alle parole della Bibbia corrispondono quelle del Corano, ai Veda la Cabbalah, e così i versi di Rumi incontrano quelli di San Francesco, Lutero abbraccia Sri Aurobindo, Gioacchino da Fiore Milarepa.

Quest’anno la Comunità delle Stinche festeggia i suoi 40 anni di vita. È un’occasione in più per decidere di partecipare al banchetto di semplicità offerto dall’eremo.

L’incontro con i frati, la visita alla casa, l’ascolto della natura sono un ottimo modo per uscire dal «diluvio della parole» che ci travolgono e imbarcarsi in quest’arca di silenzio e di pace dove è ancora possibile ascoltare la preghiera di un monaco: «Venga, o Signore la tua chiesa! Sia più bella di tutti i sogni, più bella di tutte le lacrime di chi visse e morì nella notte per costruirla. Sia il tuo corpo e tu la sua vita».

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G. L.
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